Un viaggio lungo cinquant'anni sulle piste di Bob Dylan. Da appassionato, da cronista, da storico. Con amore e malumori, con rami d'ulivo e scimitarraRiccardo Bertoncelli ha incontrato Dylan da adolescente, sciupando a furia di ascolti
Bringing It All Back Home e
Highway 61 e subendo l'uno-due di
Just Like A Woman/I Want You (ko tecnico). Da allora non lo ha più lasciato, viaggiando con lui sull'ottovolante: stupito da
Nashville Skyline, colpito e affondato da
Self Portrait, in estasi per
Planet Waves e
Blood On The Tracks, indignato per
Desire e via così, fino a
Tempest (il miglior disco da molto tempo in qua) e al dittico sinatriano, su cui amorevolmente si astiene. Ha scritto da ventenne l'introduzione alla
Biografia di Scaduto, ha curato l'edizione italiana del libro culto di Robert Shelton, recensito in diretta buona parte degli album dai '70 a oggi e inventato perfino una intervista impossibile a un Dylan assassino. Da giovane ha dato alle stampe un paio di bootleg di cui sostiene di ricordare poco (reato prescritto). È fermamente convinto che Bobby sia un mediocre pittore, che
Renaldo & Clara sia un cinecrimine e
Infidels invece un grande disco. Segue dibattito.