Il 22 luglio 2011, Anders Breivik uccide settantasette persone. Vestito da poliziotto, irrompe tra i giovani che partecipano al meeting annuale dei laburisti norvegesi sull’isola di Utoya, a circa trenta chilometri da Oslo. L’uomo è in divisa, e forse per questo all’inizio nessuno bada al fatto che tra le mani ha una mitraglietta. All’improvviso la impugna e apre il fuoco. Poi usa un fucile da caccia, un’arma automatica e una pistola, mentre attorno a lui i ragazzi cercano inutilmente una via d’uscita. Dopo l’attentato e durante il processo che ne è seguito tutto il mondo ha iniziato a porsi delle domande. Come è potuto accadere? Perché è accaduto? E chi è Anders Breivik?Åsne Seierstad si è trovata in una posizione unica per interrogarsi sulla vicenda: corrispondente di guerra pluripremiata, si è occupata per anni di persone coinvolte in conflitti violenti. Qui, per la prima volta, si interroga su ciò che è avvenuto a casa sua, nel suo Paese, basandosi su un corpus enorme di deposizioni, interviste ad amici e familiari, registri comunali, testimonianze, generando una ricostruzione così precisa che per il New York Times «dovrebbe essere fatta studiare nelle scuole di giornalismo». Descrive un personaggio irripetibile e le sue turbe ma anche il contesto da cui proviene, la famiglia in cui è cresciuto, il sentiero scosceso che lo ha portato a macchiarsi di un delitto che non si può spiegare; ma descrive anche i giovani affascinanti e radiosi che quel giorno hanno perso la vita: come Bano Rashid, figlia di immigrati curdi arrivati a Oslo nel 1999 per sfuggire alle persecuzioni del regime di Saddam Hussein. A mano a mano che seguiamo il percorso dell’inevitabile collisione, ci appare chiaro che cosa è andato perduto in quell’unico giorno. Uno di noi è la storia di un massacro, ma anche una riflessione sul male. È una storia che parla di comunanza contrapposta a isolamento, di speranza contro rifiuto, di tolleranza verso fanatismo. Di amore contro odio.