Tre cose colpiscono sfogliando questi 18 Volti di Alice: anzitutto l’eleganza del tratto, poi la dominanza della figura femminile e infine la pensosità degli sguardi. Per certi versi la grazia del disegno richiama l’arte del grande Milo Manara, ma qui il disegno è più sobrio, privo di quella ridondanza emotiva che c’è nel fumettista; il suo pregio anzi è proprio nell’enfasi che è tutta assente, ed è come se l’arte salisse di qualche gradino, dal bisogno di impatto emozionale sul pubblico vasto ed eterogeneo, a un podio, da dove domina un ambiente che sembrerebbe deserto.
È come se l’Autrice s’interrogasse sull’effetto che può produrre la sua opera e, dall’altura, si affaccia con un atteggiamento che è insieme di moderata sfida e di timore.