Pubblicato nel 1952, il saggio su Wagner fu scritto da Adorno nel 1937-1938, e nonostante i ritocchi apportati al testo nella stesura definitiva, esso rimane sostanzialmente legato all'evoluzione del suo pensiero intorno alla fine degli anni Trenta: gli anni del Carattere di feticcio della musica e la regressione dell'ascolto , gli anni del saggio Schoenberg e il progresso , pubblicato poi nella Filosofia della nuova musica con il necessario completamento stravinskiano. Si tratta insomma del periodo aureo del lavoro critico-filosofico di Adorno, e il saggio wagneriano è una testimonianza non meno significativa degli scritti piú noti della stessa epoca: di là da ogni apparente e paradossale provocatorietà dell'impostazione, Adorno affina qui il suo metodo di analisi filosofico-sociologica «dall'interno» delle opere stesse, deducendo dai dati intrinseci della composizione - timbro, melodia, armonia, forma - i parametri di giudizio estetico-storico sull'autore. Il saggio, da molti anni esaurito sul mercato italiano, viene qui riproposto nella nuova traduzione di Mario Bortolotto, già curatore della prima edizione einaudiana.