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L’Italia di Giotto: Itinerari giotteschi

Giotto è il primo artista del Medioevo ad avere di fatto attraversato l'Italia; partendo da Colle di Vespignano presso Vicchio nel Mugello, dove secondo la tradizione ebbe i natali intorno al 1266/67, e trasferendosi ben presto nella vicina Firenze, dove compì i primi passi nella pittura, egli lasciò le proprie testimonianze ad Assisi, a Rimini, a Padova, a Roma, a Napoli, a Bologna, a Milano.
Ma non furono solo queste città ad essere segnate dalle rivoluzionanti novità della sua arte; un singolare fenomeno, che non ha precedenti nel periodo medievale, si verifica dopo il passaggio del maestro nei diversi centri. Le sue opere, infatti, impressero una svolta decisiva alle tradizioni e alle scuole pittoriche locali; opere in qualche caso purtroppo del tutto scomparse, ma idealmente ricostruibili non solo attraverso le fonti scritte che ne diedero spesso immediato riscontro, ma, soprattutto, grazie agli echi riscontrabili nella pittura dei maestri che le videro e con le quali furono, per così dire, costretti a confrontarsi.
È infatti un dato incontrovertibile il verificarsi di una più o meno immediata reazione agli stimoli imposti dalla autorevolezza e originalità della sua arte, aspetti che furono ben compresi non solo dagli artisti a lui contemporanei, ma anche dai suoi committenti. È, questo dei committenti, un elemento anch'esso di novità: si rivolgono a Giotto Ordini religiosi, i Francescani innanzitutto, ricchi mercanti e banchieri, come Enrico Scrovegni a Padova, i Peruzzi e i Bardi a Firenze, ecclesiastici di rango, fra i quali Jacopo Stefaneschi a Roma e Bertrando del Poggetto a Bologna, sovrani e nobili come Roberto d'Angiò, re di Napoli e Azzone Visconti, signore di Milano. Infine, il Comune di Firenze nel 1334 lo nomina soprintendente alle opere pubbliche della città e capomaestro della cattedrale di Santa Maria del Fiore.
Un tracciato, dunque, assolutamente trasversale, sia in senso geografico sia in termini più ampiamente sociali. Una così straordinaria vicenda artistica e biografica, non poteva non incidere in profondità nel tessuto vitale della cultura italiana della fine del Medioevo, una cultura, soprattutto in campo figurativo, decisamente sfaccettata e aperta ad accogliere apporti tra i più diversificati.

Giotto per la prima volta in Italia costruisce, con sorprendente rapidità, un modello normativo che sarà difficile eludere; come Dante Alighieri getta le basi della lingua volgare italiana, così Giotto fonda le regole grammaticali di base della pittura occidentale e delinea la fisionomia dello snodo cruciale dell'arte tra Medioevo e Rinascimento. Si tratta, senza dubbio, di un fenomeno che, al di là di una situazione politica a quel tempo assai frammentata, può essere definito, con tutte le precauzioni del caso, "nazionale", nel senso che di fatto tutto il territorio italiano fu toccato, con declinazioni e intensità diverse, dalla lezione di Giotto.

Il volume è a cura di Claudia Viggiani, con introduzione di Alessandro Tomei.
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