La storia del notariato italiano è tema di grande interesse per gli studiosi della società e delle istituzioni medievali, se non altro perché sono di mano notarile gran parte delle fonti d’archivio tramandate da quel periodo. Attilio Bartoli Langeli propone questa storia attraverso l’esame diretto dei documenti scritti da alcuni notai, che operarono in periodi diversi: dapprima il notariato longobardo e italico, poi il cambiamento del XII secolo, infine il solido professionismo due-trecentesco.
Troviamo un toscano, un padovano, molti perugini e umbri; un capitolo verte sul confronto tra i notariati genovese e veneziano, e un altro insiste sulla situazione bolognese. Al di là dei luoghi, gli esempi valgono a rappresentare fenomeni di portata generale, che segnano l’intera Italia centro-settentrionale.
Nel libro, in fondo, più che un’ambizione storiografica gioca il piacere dell’osservazione e della descrizione, l’accanimento paziente nella lettura dei testi, la curiosità per certi profili personali. E poiché i notai firmavano col proprio nome i loro prodotti – l’autografia era la condizione dell’autenticità – anche i capitoli del libro hanno per titolo un nome, dal rude Gaidilapu al bravissimo Topazio, dall’estroso Raniero al divin Bovicello.