Ettore Castiglioni morì nel marzo del 1944, a trentacinque anni, esattamente come aveva previsto e annotato nel suo diario tanto tempo prima. Figura emblematica dell’alpinismo fra le due guerre, fu esploratore solitario, scrittore, straniero in ogni luogo tranne che sulle montagne. Ne Il vuoto alle spalle Marco Albino Ferrari ci presenta, però, un Castiglioni inedito nel quale l’alpinista si fonde con l’intellettuale e con il partigiano. Un uomo che, rifugiatosi con i compagni in una baita in alta Valpelline dopo l’8 settembre, guidò attraverso le montagne i profughi del fascismo mettendo giorno dopo giorno a repentaglio la vita tra scalate e lunghe marce in alta quota. E al sua missione sembra possa continuare indisturbata fino a quando, in un clima di crescente agitazione, qualcosa va storto. Dopo un primo periodo di prigionia in Svizzera, Ettore Castiglioni verrà catturato nuovamente riuscendo, però poi a fuggire. Verrà ritrovato solo alcuni mesi dopo, sul ghiacciaio del Forno, a un passo dalla salvezza, morto congelato.
Grazie alla ricostruzione che Ferrari fa non tanto degli eventi, quanto delle motivazioni che spinsero l’alpinista verso morte certa, la figura di Castiglioni emerge nella sua affascinante complessità e interezza, e insieme a lui uno spaccato della nostra storia così recente eppure così spesso poco conosciuta.