Il legislatore fiscale già da tempo persegue molti obiettivi coerenti ed armonici con il più ampio disegno di mantenere sereno e costruttivo il rapporto tra Amministrazione finanziaria e contribuente. Si tratta, in particolare, di quelli volti al contenimento del numero di cause pendenti innanzi agli organi della Giustizia tributaria e al recupero di risorse da destinare alla realizzazione dei compiti propri dello Stato, come delineati dall'autorità di Governo con le politiche di bilancio e dal Parlamento con la legge di stabilità. È noto infatti come la riduzione del contenzioso costituisca da sempre obiettivo prioritario dell'Agenzia delle entrate, da perseguirsi prima di tutto attraverso il miglioramento della qualità degli atti notificati e, più in generale, dal rafforzamento della sostenibilità della pretesa tributaria. Last but not least, tra tutti gli istituti deflativi del contenzioso un posto di particolare rilievo da qualche mese è occupato, anche per la sua originalità strutturale, dallo strumento del reclamo e della mediazione. Le linee guida che della gestione del contenzioso devono garantire un'efficace difesa in giudizio che sia anche strettamente ancorata ai principi di legittimità e imparzialità dell'azione amministrativa; le esperienze del contenzioso vanno assunte come significativi parametri di misurazione della qualità degli atti impugnati oltre che degli atti in corso di emanazione, e questo permette di offrire efficaci contributi per migliorare gli indici di vittoria, per sviluppare la tax compliance e per accrescere l'adesione agli strumenti deflativi del contenzioso. Il miglioramento degli esiti delle controversie rappresenta la premessa logica per la riduzione dei relativi volumi ed è l'obiettivo fondamentale dell'attività contenziosa. Ciò comporta, fra l'altro, che vada esercitata l'autotutela tutte le volte che ne ricorrono i presupposti, escludendo di resistere indebitamente in giudizio, e sia tentata la conciliazione giudiziale tutte le volte in cui questa via appaia percorribile. Dal 1° aprile 2012, in armonia con questi indirizzi, è entrata in vigore la mediazione fiscale. L'Ufficio, riscontrata l'impossibilità di annullare l'atto reclamato,deve valutare la sussistenza dei presupposti di legge per portare a compimento lamediazione: l'incertezza delle questioni controverse, il grado di sostenibilità dellapretesa e il principio di economicità dell'azione amministrativa. Non si tratta, indubbiamente, di una rivoluzione copernicana, visto che l'Agenzia dalla sua nascita nel 2000 persegue la sistematica affermazione di soluzioni legittime e trasparenti. Ma uno dei forti elementi di novità è innegabilmente dato dalla procedimentalizzazione dell'autotutela, innescata dal reclamo. L'innovativo reclamo, destinato a liti solo apparentemente "minori" (circa i 2/3 delle controversie instaurate contro l'Agenzia sono mediabili), riveste una triplice valenza: l'assimilabilità ad una istanza di annullamentoin autotutela obbligatoria, l'attribuzione all'Ufficio di una specifica potestà transattiva (oltretutto ampia per l'espressa limitazione della responsabilità erariale ai soli casi di dolo), conversione del reclamo in un vero e proprio ricorso in caso di respingimento dell'istanza e di insuccesso della mediazione (comunque facoltativa per il contribuente). Un vivace dibattito si è innescato subito dopo l'inserimento dell'art. 17-bis nel decreto legislativo n. 546 del 1992 sul processo tributario, relativamente alla supposta "non terzietà" dell'organo cui è demandata la valutazione dell'istanza e la conclusione della fase di mediazione vera e propria. Adesso che il meccanismo è entrato pienamente a regime, si può affermare con una certa sicurezza che sia effettivamente adeguato il grado di autonomia dell'apposita struttura che valuta il reclamo e conduce la mediazione, e cioè l'ufficio legale, da quella che ha curato l'istruttoria dell'atto reclamato. Giova sottolineare che non occorre la sussistenza di una dia