Il fenomeno della creatività giurisprudenziale descrive un’area problematica nell’ambito della quale i confini tra legislazione e giurisdizione divengono incerti. La tematica in parola, particolarmente dibattuta nell’attuale frangente storico, viene qui affrontata sotto un profilo peculiare. L’autrice prende a pretesto uno dei casi giurisprudenziali più controversi degli ultimi anni per proporre, più che una ricostruzione in termini descrittivi del fenomeno, un’analisi globale dell’assetto costituzionale volta a stabilire se da esso siano ricavabili limiti al tasso di creatività delle pronunce giudiziali.
In questa prospettiva la vicenda Englaro costituisce il filo conduttore di un percorso di ricerca il cui esito, lungi dall’essere circoscritto al caso particolare, si sforza di dare risposta a un quesito di carattere ordinamentale. Una realtà multiforme e dinamica come quella contemporanea tende inesorabilmente a generare problemi complessi che sfuggono alle categorizzazioni generali e astratte attraverso le quali il diritto opera. Si spiega così il moltiplicarsi di pronunce giudiziali che, in assenza di riferimenti normativi puntuali, individuano la regola da applicare al caso concreto attraverso un notevole sforzo “creativo”. Se la creatività giurisprudenziale è funzione della complessità e del dinamismo del reale, possiamo ipotizzare che nel prossimo futuro essa sia destinata a espandersi, di pari passo con i mutamenti di una società in costante e rapido divenire perché lo Stato costituzionale ha bisogno di entrambi i soggetti, il legislatore e il giudice, per l’inveramento dei principi costituzionali. Tale prospettiva rende particolarmente attuale l’interrogativo al quale il testo si sforza di dare risposta: se all’interno dell’ordinamento esistano o meno limiti al potere creativo della giurisprudenza.
Tratto dalla Presentazione