Pietruccio Montalbetti, da più di cinquant'anni leader indiscusso dei Dik Dik, rivela il suo lato più intimo e sconosciuto. Da tempo, infatti, viaggia da solo, lasciandosi alle spalle gli impegni di lavoro, quelli familiari, la tecnologia e le comodità della vita quotidiana, per spingersi verso mete lontane, curioso degli angoli del mondo distanti dalla nostra civiltà, di cime che toccano il cielo. Questo è il racconto della sua scalata in solitaria sulla montagna più alta della catena delle Ande: l'Aconcagua. Ma a rendere ancora più preziosa questa narrazione così intensa c'è l'elemento anagrafico: nel 2011, quando Pietruccio intraprende il viaggio, ha 70 anni. E il numero sette è anche quello dei settemila metri dell'Aconcagua. In queste pagine si nascondono le domande che un uomo pone a se stesso sulle motivazioni più profonde della vita. Interrogativi che suonano forti nella mente quando la solitudine ti avvolge e la sfida è quella dei tuoi pensieri. Il cammino nella natura ostile e selvaggia diventa metafora del percorso della vita. Mentre racconta ciò che vede e sente - sulla pelle il vento freddo, il cuore in gola per la fatica e lo spettro della morte che segue ogni passo - Pietruccio guarda anche alla sua storia umana, alla ricerca di risposte a quell'inquietudine che spesso lo ha accompagnato. E forse una prima risposta è proprio nella grande bellezza che si mostra se la cerchi. Come una cima che si lascia accarezzare per una manciata di minuti.